
Mi sono imbattuta in Baby Reindeer, miniserie, basata su una storia vera, quasi per caso, attratta più dalla curiosità che da una vera aspettativa. Non sapevo che, nel giro di tre serate, l’avrei divorata, trascinata dal suo ritmo implacabile e dalla profondità psicologica dei personaggi. Ho sempre trovato affascinante il modo in cui le dinamiche umane si snodano, come piccole azioni possano innescare reazioni a catena capaci di stravolgere un’esistenza. Questa miniserie ne è una prova inquietante e magnetica.
Paese: Regno Unito
Distribuzione: Netflix, 2024
Creatore, sceneggiatore e protagonista: Richard Gadd
Regia: Weronika Tofilska
Episodi: 7
Protagonisti:
Richard Gadd (Donny Dunn)
Jessica Gunning (Martha Scott)
Recensione
La storia segue Donny Dunn, un giovane comico londinese che, per un atto di gentilezza, si ritrova catapultato in un incubo. Un giorno, offre un tè gratis a Martha, una donna visibilmente fragile e sola. Da quel momento, lei diventa una presenza costante e ossessiva nella sua vita, bombardandolo di messaggi, aspettandolo fuori dal pub in cui lavora e invadendo ogni spazio della sua esistenza. La situazione degenera fino a sfociare in uno stalking spietato, lasciando Donny intrappolato in una spirale di paura, senso di colpa e impotenza.
Donny è un personaggio complesso, profondamente umano nelle sue fragilità. La sua iniziale disponibilità verso Martha non è solo un gesto di altruismo, ma anche il riflesso di un bisogno interiore di riconoscimento e connessione. Gadd lo interpreta con straordinaria sensibilità, restituendo il tormento di un uomo che si ritrova progressivamente schiacciato dal peso di un’attenzione che non ha cercato né sa gestire.
Martha Scott è una presenza ingombrante e disturbante, ma non un semplice mostro. Jessica Gunning la porta sullo schermo con un’interpretazione sfumata, che alterna momenti di tenerezza e disperazione a gesti di pura inquietudine. La sua ossessione è il sintomo di una solitudine abissale, di un dolore che si fa patologico e che, per quanto minaccioso, non può essere ridotto a una banale etichetta.
Baby Reindeer non si limita a raccontare una vicenda di stalking: scava nel rapporto sottile tra vittima e carnefice, nella vulnerabilità umana e nella responsabilità emotiva. Mostra come un’interazione, apparentemente insignificante, possa alterare il destino di due persone. Ma soprattutto invita a riflettere su quanto sia facile trovarsi dall’altro lato della barricata.
Il finale è un pugno nello stomaco, perché ribalta le prospettive e lascia spazio a una considerazione amara: il confine tra vittima e carnefice è più labile di quanto vorremmo credere. La fragilità, la sofferenza e il bisogno di essere visti possono generare mostri, e a volte la differenza tra chi perseguita e chi viene perseguitato è solo una questione di circostanze. O di fortuna.
Consigliato a...
Se amate le storie tratte da eventi reali che lasciano un segno profondo, Baby Reindeer è una visione obbligata. È una serie perfetta per chi cerca un thriller psicologico con un forte impatto emotivo, per chi vuole esplorare il lato più oscuro delle relazioni umane e per chi apprezza interpretazioni capaci di trasmettere ogni sfumatura del dolore, della paura e del senso di colpa. Una storia disturbante e magnetica, impossibile da dimenticare.